IN ISRAELE GIUDICI E GOVERNO SULL’ORLO DELLA CRISI

18 Settembre 2023 16:33

Lo stato di Israele è sull'orlo di una crisi istituzionale storica. Uno scontro sociale e culturale che sta toccando l'anima più profonda del paese, la democrazia dello Stato ebraico, insieme al rischio del concretizzarsi di una battaglia senza precedenti tra potere esecutivo e potere giudiziario israeliano. La Corte Suprema da qualche giorno sta esaminando, in udienza straordinaria, la riforma della giustizia approvata dal governo di Benjamin Netanyahu lo scorso luglio. E sul primo capitolo, l’abolizione della clausola di ragionevolezza, si aprono scenari che nessuno avrebbe mai potuto immaginare.

Questo criterio di ragionevolezza, per dirla in poche parole, è un parametro usato dai giudici per vagliare provvedimenti e decisioni delle autorità locali o nazionali: secondo la clausola, una legge, un decreto o un atto possono essere ritenuti non congrui anche in assenza di formali violazioni di legge. Per il premier Netanyahu, si tratterebbe di un mezzo utilizzato per mettere i bastoni tra le ruote al governo. Per coloro che vi si oppongono, si tratta invece di un baluardo essenziale per limitare gli abusi di potere.

La Corte Suprema israeliana, perciò, ha cominciato a esaminare i ricorsi avanzati contro una parte importante della riforma della giustizia che porterebbe ad attribuire maggiori poteri al primo ministro israeliano. Una manovra che nei mesi scorsi aveva già portato in piazza milioni di oppositori, circa la metà del popolo israeliano.

Alla radice del problema, si dimentica il fatto che Israele non ha una costituzione formale. Negli anni sono state però approvate diverse leggi denominate “fondamentali” e considerate di rango superiore, cioè esterne al vaglio della Corte Suprema che le utilizza come parametro per valutare la legittimità degli altri provvedimenti.

Oggi, nel paese israeliano, l’abolizione del criterio di ragionevolezza è stata approvata come emendamento alla Legge Fondamentale che disciplina il funzionamento del sistema giudiziario. Il che significa che l’Alta Corte, se la cancellasse, annullerebbe per la prima volta nella storia una legge superiore approvata dalla Knesset a maggioranza dei suoi componenti. Dottrine che si intrecciano soprattutto con le tesi di chi, tra i contrari alla riforma, sostiene che un simile intervento sia necessario proprio poiché in presenza di violazione del carattere ebraico e democratico del paese.

Se da una parte i sostenitori del governo ritengono che la corte stia operando in maniera illegittima, dall'altra gli oppositori, a decine, e a volte anche a centinaia di migliaia di persone, continuano a scendere in piazza ogni settimana. Due anime del paese che continuano ad allontanarsi.

Il verdetto è atteso tra diverse settimane, ma il paese già si interroga su cosa potrebbe accadere se la Corte dovesse decidere di annullare la misura, poiché alcuni esponenti chiave del governo, compreso lo stesso premier Netanyahu, si sono già detti pronti a rifiutare di impegnarsi a rispettare le sentenze del tribunale. Dall'altro la corte deciderà, e poi passerà la palla ai politici, che dovranno scegliere. Se arriverà il via libera, di obbedire ad una legge respinta dalla maggior parte della popolazione. Oppure, se la legge verrà respinta, se rispettare la volontà della Corte. L’unica certezza che pare profilarsi all’orizzonte è il rischio concreto di uno scontro fra i poteri dello Stato.

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