IRAN-ISRAELE, A CHI GIOVA QUESTA GUERRA TEOLOGICA?
La chiamano la "guerra sporca". Un conflitto apparentemente collegato alle armi atomiche dei paesi arabi, con il sostegno più o meno velato di molte potenze occidentali, ma che in realtà ha profonde radici teologiche.
La guerra tra Israele e Iran non è scoppiata venerdì. Da quattro giorni i bombardamenti sono ripresi con forte insistenza, ma il conflitto tra le due superpotenze del Medioriente prosegue più o meno ininterrottamente dal 2010, come risultati di due progetti precisi: quello bellico, e la missione di distruzione dei siti atomici ostili inaugurata dal premier Begin e culminata nelle distruzioni delle centrali atomiche di Saddam nel 1981, e poi di Assad nel 2007, ma soprattutto quella religiosa. Netanyahu aveva promesso vendetta, dopo gli attacchi iraniani dell'autunno scorso e soprattutto il supporto ad Hamas nel massacro del 7 ottobre: ha atteso oggi, per contrattaccare, dopo aver perfezionato il proprio sistema di difesa e la propria strategia di attacco. Dopo decenni guerra ibrida con finanziamenti a gruppi armati, omicidi mirati e attacchi informatici, è cominciato il conflitto diretto. E per ora Bibi ha avuto ragione, visto che ha messo fuori uso i primi siti atomici iraniani, costringendo il regime, impreparato, a battere in ritirata, forse in Russia, mentre a Tel Aviv nella notte un paio di missili ha colpito alcuni palazzi, ma la maggior parte è stata intercettata.
La resa dei conti non arriva perciò inaspettata, ma la guerra tra Israele e Iran, una delle più lunghe del mondo contemporaneo, affonda le sue radici nel conflitto tra sciiti e sunniti. Uno scontro teologico che dalla rivoluzione del 1979, che portò al rovesciamento dello scià e alla salita al potere Khomeini, si è trasformato in una vera e propria competizione per la leadership del mondo islamico: l’Iran, che oggi guida la parte sciita, e l’Arabia Saudita, portavoce del sunnismo.
Chi ci guadagna, allora, da questa guerra?
Innanzitutto la maggioranza del mondo musulmano, quella sunnita, che non vedrebbe l'ora di vedere rovesciato il regime degli ayatollah, soprattutto se per mano di Israele. E poi l'occidente, il cui punto di riferimento in Medioriente è il popolo ebraico, da sempre fiero alleato di Stati Uniti, Europa, ma anche della Russia, visto che fu proprio Stalin il primo a riconoscerne lo stato libero dopo la seconda guerra mondiale.
E poi, ovviamente, la finanza mondiale: da tre giorni hanno ricominciato a piovere i missili sull'Iran, e già oggi il prezzo del petrolio è tornato ai livelli di due mesi fa, dopo il ribasso potente di maggio. E con l'energia che sale, tutti i prezzi degli altri beni aumentano. Ça va sans dire.