BORASO DAVANTI AI PM: LA STRATEGIA PER DISCOLPARSI
Dopo un mese di detenzione, settimane passate a studiare punto per punto le accuse mosse a suo carico dalla Procura veneziana, l’ex assessore alla mobilità lagunare Renato Boraso si è presentato lunedì per la prima volta davanti ai magistrati per provare a spiegare le sue posizioni.
L’ha fatto negli uffici della Procura di Venezia, dove è comparso, assistito dal suo legali di fiducia, Umberto Pauro, di fronte ai pubblici ministeri Roberto terzo e Federica Baccaglini. Boraso, finito agli arresti e da allora detenuto nel carcere di Padova. Secondo quanto riferito dal suo legale, che aveva richiesto l’interrogatorio per il suo assistito, Boraso non avrebbe reso una confessione, ma anzi avrebbe provato a spiegare punto per punto tutti gli addebiti che gli vengono mossi. E quindi a giustificare ogni fattura, ogni operazione o intercettazione che per la procura erano prove delle contestazioni a suo carico.
Renato Boraso, unico dei 33 indagati ad essere ancora in carcere, è accusato di undici episodi di corruzione, per ognuno dei quali ci sarebbero ore di conversazioni registrate, fatture giudicate false e corrispondenti a migliaia di euro di presunte tangenti. Tra queste, anche quella da circa 70 mila euro per la vendita al ribasso di palazzo Papadopoli al magnate orientale Kwong.
Motivi per cui la tesi difensiva dell’ex assessore sarà certamente corposa, per provare a dare convincenti giustificazioni davanti all’accusa. L’interrogatorio davanti ai magistrati è andato avanti per diverse ore.