ECCO CHI GETTÒ LA STATUA CHE COLPÌ E UCCISE CHIARA
Dopo nove mesi, è arrivata una prima certezza sulla morte - assurda e inspiegabile - della trentenne Chiara Jaconis, la ragazza padovana che il 15 settembre dello scorso anno aveva perso la vita ai Quartieri Spagnoli di Napoli, dove si trovava per qualche giorno di vacanza, uccisa da un oggetto volato dall'alto e che l'aveva colpita alla testa.
Si è chiusa infatti, a nove mesi dai fatti, l'indagine preliminare aperta dalla Procura per i minorenni di Napoli. Secondo gli inquirenti partenopei, a lanciare da terrazzo al terzo piano quell'oggetto, un souvenir commerciale egiziano raffigurante la regina Nefertiti, fu un bambino di soli 13 anni. Quel pomeriggio, mentre Chiara camminava col fidanzato diretta all'aeroporto, era invece stata centrata alla testa da un detrito del pesante oggetto, che cadendo si era infranto su una ringhiera, rompendosi in più parti. E ricoverata in condizioni disperate all'ospedale del Mare, nel reparto di Rianimazione, si era spenta due giorni dopo.
L'aspetto più grave, è però che a lanciare la statuetta sia stato un bimbo problematico, che in passato si era già reso responsabile di simili comportamenti: in tutti i modi mamma e papà, anche sbarrando la portafinestra del terrazzo, avevano provato a impedirgli di accedere all'esterno, visto che già in precedenza si era reso responsabile di alcuni comportamenti simili. A permettere agli inquirenti di ricostruire l'accaduto, sono state le testimonianze dei vicini di casa, che avevano più volte segnalato comportamenti simili da parte del bambino, già prima della tragedia.
Il bimbo, avendo meno di 14 anni, non è imputabile, e quindi l'indagine della Procura si chiude con un'archiviazione, arrivata anche per il fratello maggior ritenuto completamente estraneo ai fatti. Ma rimane aperta quella contro mamma e papà, per i quali l'ipotesi di reato è di omessa custodia e vigilanza: l'accusa, cioè, che parte dall’ipotesi che non abbiano fatto abbastanza per prevenire il gesto del figlio.
E non va dimenticato che i genitori, sinora, hanno sempre disconosciuto quell'oggetto: hanno sempre dichiarato di non averlo mai avuto in casa, cercando di allontanarsi dalle responsabilità di una morte assurda. Ora sono in corso altri accertamenti, patrimoniali e ambientali, per verificare l’effettivo livello di consapevolezza e controllo esercitato dai due adulti all’interno dell’abitazione.
Dopo mesi di delicate indagini, arriva un primo passo verso una verità. Anche se questo non basterà, per riportare indietro Chiara e dare la vera pace alla sua famiglia.