IN MALATTIA FACEVANO PIZZE D'ASPORTO: CONDANNATI
Invece di andare ad operare nei rispettivi posti di lavoro, avevano aperto una pizzeria per asporto all'Arcella e vi dedicavano quasi tutte le loro giornate. Solo che in quegli stessi giorni risultavano in malattia, grazie a certificati ottenuti ingannando i medici. Sono stati condannati rispettivamente a un anno e sei mesi, e a dieci mesi di reclusione, marito e moglie padovani, di 50 e 46 anni. Lui era un agente della polizia penitenziaria in servizio al carcere di Padova, lei lavorava per un'azienda metalmeccanica di Limena. Accusati di truffa aggravata e continuata, falso ideologico e violazione della legge sul pubblico impiego, i due coniugi, residenti a Cadoneghe, per un paio d’anni tra il 2016 e il 2018 avevano disertato spessissimo i rispettivi posti di lavoro. Le condanne arrivate in primo grado sono state ora confermate dalla Corte d'Appello.
In particolare il marito, agente penitenziario in servizio alla Casa circondariale Due Palazzi, aveva giustificato le sue prolungate assenze dal servizio con malattie insussistenti, arrivando addirittura ad attestare patologie invalidanti: nel 2016 aveva collezionato 300 giorni di malattia, di fatto non mettendo quasi mai piede nel penitenziario, più altri 112 giorni nell'anno successivo, e altri 6 giorni tra gennaio e febbraio 2018, cioè fino a quando la Procura non aveva aperto un fascicolo a suo carico. L’agente penitenziario ingannava il medico di base, che nel procedimento è stato prosciolto, ma anche medici di guardia o sanitari dell’ospedale militare di Padova, inducendoli in errore. Pure la consorte si comportava allo stesso modo. E mentre avrebbero dovuto essere in malattia, presentando in continuazione certificati medici, lavoravano nella pizzeria d’asporto che avevano all'Arcella, pubblicando anche numerose foto sui social che li ritraevano in perfetta salute.