L'AUTONOMIA RIPARTE: PRONTA LA LEGGE DELEGA SUI LEP
L'autonomia differenziata torna, all'improvviso, nell'agenda politica del Governo. Non che non lo fosse negli ultimi mesi, ma è evidente che dopo le due sentenze della Consulta - quella che a novembre ha cancellato alcuni passi della legge, e quella che a metà gennaio ha scongiurato il rischio referendum abrogativo - c'è vopluto più di qualche tempo di riflessione, nelle stanze di Palazzo Chigi.
Oggi, però, è ancora la Lega ad accelerare: il padrino della riforma, il ministro Roberto Calderoli, è pronto con la legge delega per la determinazione dei Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni, e la presenterà al Consiglio dei ministri la prossima settimana, o al massimo quella successiva.
Dopo i ritocchi fatti alla legge originaria e imposti dalla Corte Costituzionale, che in alcune parti l'aveva dichiarata illegittima, lo strumento scelto è quello della delega: un testo che il Parlamento, con un unico voto, rimanderà per l'approvazione direttamente al Consiglio dei Ministri, senza la discussione punto per punto in aula.
Nel nuovo testo, ci sono gli standard minimi di servizio pubblico che sono indispensabili a garantire, da Nord a Sud, i diritti civili e sociali che la Costituzione tutela: dal lavoro all'istruzione, dall' urbanistica alle reti di trasporto. Con l'obiettivo dichiarato, da Calderoli stesso, di chiudere la partita entro fine anno.
Parallelamente però, procede anche l'altro fronte: quello delle negoziazioni sulle materie non Lep avviate dal veneto e da altre tre regioni che hanno già chiesto l'estate scorsa forme differenziate di autonomia.
Il centrodestra sta ragionando anche sui rapporti di potere: se l'autonomia procede tra mille peripezie, la riforma sul premierato è arenata alla Camera e non potrà verosimilmente passare entro la fine della legislatura. Non potendo perciò cambiare l'assetto costituzionale del paese, la soluzione della maggioranza potrebbe essere quella almeno di riscrivere la legge elettorale, decisamente più semplice da adottare: si sta ragionando su un sistema senza i collegi uninominali, che invece punti a un proporzionale con un premio di maggioranza del 15% per la coalizione che superi la soglia del 40.