notizie / 25/10/2024 16:08

LE LACRIME DI TURETTA: "ECCO PERCHÈ UCCISI GIULIA"

Filippo Turetta entra nell'aula della Corte d'Assise del tribunale di Venezia alle 9.31 del mattino. Felpa col cappuccio, pantaloni scuri, dall'omicidio di Giulia è la prima volta esce dal carcere di Montorio in cui è rinchiuso, la prima che appare in pubblico, la prima soprattutto in cui si ritrova di fronte ai familiari della sua ex fidanzata, trucidata con 75 coltellate in quella maledetta notte dell'11 novembre 2023.

Risponde ad una quarantina di domande del pm, Andrea Petroni, che rileva le innumerevoli incongruenze tra l'interrogatorio reso durante le indagini, agli atti del processo, e le sue memorie difensive, l'ultima delle quali è arrivata solo mercoledì pomeriggio. Giulia voleva lasciarlo perché negli ultimi tempi lui era geloso anche del fatto che lei uscisse con le amiche, non ne voleva più sapere di lui, che invece non riusciva ad accettarlo. Quella maledetta sera, dopo le ore trascorse insieme alla Nave de Vero, al parcheggio di Vigonovo Turetta sostiene che non avesse ancora deciso se davvero portare a termine il suo progetto: gli scende qualche lacrima, singhiozza, mentre ricorda che "tutto sarebbe dipeso dallo stato d'animo del momento". Ma un epilogo diverso, evidentemente, non c'era. Il 7 novembre, quattro giorni prima dell'omicidio, aveva scritto sul telefono la lista di cose da fare e comprare, per progettare il rapimento e l'omicidio di Giulia: aveva installato un sistema VPN per navigare in rete senza essere tracciato, aveva acquistato scotch, coltelli e sacchi neri. "Avevo pensato di rapirla, di farle del male", racconta. Un racconto faticoso, interrotto da indecisioni e silenzi. L'accusa e gli avvocati lo incalzano: in quattro ore di deposizione, la risposta più cruda arriva proprio alla domanda sul "Perché", abbia ucciso Giulia. Quella ragazza a cui aveva confidato, incutendole un'enorme paura, che in presenza di un tradimento avrebbe reagito in modo terribile, accennando addirittura a possibili “torture”. L'ha uccisa quando ha capito di averla persa. Non voleva che lei lo lasciasse.

Per tutta la mattina, Filippo non incrocia mai lo sguardo di Gino Cecchettin. Tiene la testa bassa, la alza solo per guardare il giudice o i monitor che proiettano luoghi e oggetti dell'accaduto. La nonna di Giulia, Carla Gatto, tiene sempre lo sguardo fisso su chi le ha tolto per sempre la sua nipotina. Gino invece raramente ci riesce: prova a guardarlo, ma spesso abbassa gli occhi. È turbato, rivedere Filippo è un colpo durissimo.

Alla ripresa del dibattimento, al momento delle domande del suo difensore, Filippo spiega perché ha voluto presentarsi in aula: “L'unica cosa a cui penso oggi”, dice, “è che sia giusto espiare le mie colpe. Non penso al mio futuro, come non può farlo Giulia”. Ma Gino, la nonna e lo zio Alessio non lo ascoltano: se ne sono già andati, lasciando il tribunale a ora di pranzo. “Non ho chiesto loro scusa “, conclude l'omicida reo confesso, “perché credo sarebbe una cosa ridicola e fuori luogo: le mie scuse creerebbero solo ulteriore dolore”. L'unico obiettivo possibile per lui, ora è ora scongiurare la premeditazione che gli costerebbe l'ergastolo. Per i familiari di Giulia, invece, Filippo Turetta sta continuando a mentire. E non ci riuscirà.

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