TURETTA TRA ACCUSA E DIFESA: IL NODO PREMEDITAZIONE
Una condanna all'ergastolo, oppure a trent'anni di carcere. Il processo a Filippo Turetta si concluderà martedì 3 dicembre, con la quinta e ultima udienza di un processo lampo che si concluderà dopo due mesi con la lettura della sentenza da parte del giudice presidente della corte d'assise, Stefano Manduzio. E sarà una sentenza chiamata non a stabilire se sia Filippo, l'esecutore materiale del rapimento e dell'omicidio dell'ex fidanzata Giulia Cecchettin, visto che è reo confesso. La giuria dovrà stabilire se si possano riconoscere anche le circostanze aggravanti: da queste, dipenderà la differenza tra una pena a trent'anni, oppure al carcere a vita. Pena che ha richiesto il pubblico ministero: per l'accusa, la premeditazione di Filippo è dimostrata innanzitutto dalla lista di oggetti da comprare e azioni da compiere, scritta quattro giorni prima dell'omicidio di Giulia.
Per la difesa, invece, la situazione è diversa. perché Filippo è la personificazione dell'indecisione: impossibile che sia stato premeditata, l'uccisione dell'ex fidanzata.
Per l'avvocato difensore, anche la lista scritta da Filippo sarebbe stata interpretata male dal pubblico ministero.
Martedì, la sentenza della corte: se sarà ergastolo o condanna a trent'anni di carcere, dipenderà da come i giudici togati e popolari valuteranno le circostanze aggravanti.