TURETTA TRA ACCUSA E DIFESA: UN DELITTO CRUDELE
Dettagli per nulla sottili, che possono fare una differenza per nulla sottile. Nelle circostanze aggravanti richieste dalla procura di Venezia, nelle imputazioni a carico di Filippo Turetta, c’è il racconto dei mesi di terrore vissuti da Giulia Cecchettin, e della tragica notte dell’11 novembre. Filippo l’ha uccisa, ha deciso e pianificato di farlo, e nel farlo l’ha fatto con crudeltà. È questa, la terza aggravante – dopo la premeditazione e lo stalking – che l’accusa contesta al reo confesso del femmincidio dell’ex fidanzata. La corte dovrà decidere se condannarlo all’ergastolo o a trent’anni di carcere, e anche dalla crudeltà o meno dell’omicidio dipenderà il tenore della condanna.
Filippo, per il pubblico ministero, avrebbe ottenuto un vantaggio sostanziale dall’accettare l’acquisizione degli atti del fascicolo d’indagine in aula: quella di non sentire i dettagli che il medico legale e i testimoni avrebbero raccontato di quella notte, direttamente davanti all’aula e ai giudici.
Per la difesa, al contrario, quello di Filippo è stato un omicidio efferato, ma non crudele. Giulia è stata uccisa con 75 coltellate, due delle quali sono state fatali. Ma non basta il numero dei colpi a certificare la crudeltà, ha detto il suo legale in aula: chi non è un killer professionista, non riuscirà mai a uccidere con una coltellata sola, diretta e precisa.
La sentenza è attesa per martedì: se 30 anni di carcere o il massimo della pena, la decisione ora è tutta nelle mani della corte d’assise.