ARCHEO-INFORMATICA A PADOVA: UN MONDO DA RISCOPRIRE
Chiedete a un ragazzo della generazione Zeta cosa fosse il Tektronix e probabilmente vi risponderà che era un tipo di musica da discoteca dei primi anni Duemila. Quello che è da oggi esposto all'ex macello di Padova, in via Cornaro, è in effetti qualcosa che le attuali generazioni non hanno mai avuto modo di conoscere. Ma è un'archeologia della tecnologia e dell’informatica dalla quale derivano poi tutti i prodotti di oggi, dai computer agli smartphone. Per questo, l'esposizione allestita all'interno della Cattedrale dell'ex macello padovano è davvero unica: si rivolge a chi certe cose le ha vissute, e si emozionerà a rivederle, ma anche a chi non c'era oppure di informatica ne mastica poca. Ci sono circa sessanta macchine, una più curiosa dell'altra: a cominciare da quella che l'Università di Padova costruì negli anni Cinquanta, il leggendario calcolatore a valvole di cui ci è arrivato qualche componente. Tra i tre progettisti, c'era anche il professor Francesco Piva, fondatore dell'associazione storia dell'informatica che da anni lavora per poter allestire un vero e proprio museo didattico esponendo una raccolta sconosciuta, nascosta nei magazzini comunali, ma incredibilmente ricca.
La mostra all'ex Macello raccoglie pezzi dagli anni Cinquanta agli anni Novanta, calcolatori analogici, personal computer, minisistemi, portatili, lettori, nastri perforati. Tutti con una storia da raccontare, fino a quello probabilmente più prezioso: la leggendaria Olivetti P101. In questa esposizione ce ne sono due esemplari, uno addirittura ancora funzionante.