SPESE ELETTORALI, NUOVA INDAGINE SU BRUGNARO
A Venezia, a pochi giorni dall’udienza preliminare dell’inchiesta “Palude”, si chiude un altro fascicolo che riguarda il sindaco Luigi Brugnaro e il direttore generale del Comune, Morris Ceron. La Procura ha infatti notificato ai due l’atto di chiusura delle indagini per un’inchiesta autonoma, nata da una segnalazione della Guardia di Finanza.
L’accusa ipotizza il concorso in finanziamento illecito ai partiti: secondo i magistrati, la campagna elettorale del 2020 — quella che portò Brugnaro alla rielezione — avrebbe superato di oltre mezzo milione di euro il limite previsto per i candidati sindaco di Venezia, fissato a 330 mila euro.
Per Brugnaro è stata inoltre contestata anche l’accusa di falso in atto pubblico, per il rendiconto delle spese elettorali depositato alla Corte d’Appello. In quella dichiarazione il sindaco indicò costi per 251 mila euro, di cui solo 20 mila provenienti da soggetti terzi: una cifra che, secondo l’accusa, non rifletterebbe l’effettivo sostegno economico ricevuto.
Al centro della ricostruzione della Procura ci sono due associazioni: una avrebbe contribuito con 129 mila euro, l’altra — riconducibile a Ceron — con oltre 768 mila euro. Complessivamente, la Guardia di Finanza avrebbe segnalato spese per quasi 900 mila euro, con un presunto esubero finale quantificato in 513 mila euro.
Contestati anche i costi per le sedi elettorali, pagate secondo gli inquirenti tra il 2019 e il 2020, quindi ben prima dei 45 giorni di campagna previsti dalla legge. Per la Procura, Venezia sarebbe parte lesa.
Ora la parola passa alle difese: Brugnaro e gli altri indagati avranno 20 giorni per presentare memorie o chiedere interrogatori. I legali respingono le accuse e ricordano che la Corte dei Conti aveva già ritenuto regolari le spese elettorali dichiarate. Per i pm, però, quell’analisi avrebbe riguardato solo i costi nei limiti temporali della campagna ufficiale.
Il procedimento si muove comunque contro il tempo: la prescrizione arriverà nell’estate del 2027.